Cinque persone sittrovano in carcere e altre due ai domiciliari. Le indagini avevano portato già a una serie di arresti lo scorso settembre per capi ultrà e sodali della Nord interista e della Sud milanista. In questo caso l’accusa è di usura, estorsione e false fatture.
Sette arresti nell’inchiesta milanese sulle curve di San Siro. Cinque persone sono state trasferite in carcere e altre due si trovano ai domiciliari. Coordinata dai pm della Dda Paolo Storari e Sara Ombra e condotta dalla Squadra mobile e dalla Gdf, le indagini avevano portato già a una serie di arresti lo scorso settembre per capi ultrà e sodali della Nord interista e della Sud milanista. In questo caso sono contestati episodi, già emersi e approfonditi, di usura, estorsione e false fatture, per i quali gli arrestati sono ritenuti “gravemente indiziati”. Per alcuni dei reati è stata contestata l’aggravante della finalità mafiosa per avere agevolato, secondo l’accusa, “la cosca” della “famiglia Bellocco”. È stato disposto il carcere per Francesco Intagliata, ultrà della curva interista già arrestato nel maxi blitz di settembre, Filippo Monardo, Giuseppe Orecchio, Davide Scarfone e Domenico Sità. Si trovano invece ai domiciliari Mauro Russo e Carmelo Montalto. Tra i casi ricostruiti nelle indagini dei pm della Dda Storari e Ombra, condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano e dalla Squadra mobile milanese, anche una contestazione, originariamente attribuita anche questa ad Antonio Bellocco, poi ucciso, che riguarda l’utilizzo di una società per l’emissione di fatturazioni per operazioni inesistenti finalizzate all’evasione dell’Iva.
Tra i sette arrestati c’è anche Mauro Russo, ai domiciliari ed ex socio dell’ex capitano del Milan Paolo Maldini e dell’ex bomber nerazzurro Christian Vieri, entrambi totalmente estranei alle indagini. A Russo, nome che era anche già emerso come perquisito nelle indagini, viene contestata di aver estorto per circa due anni 4mila euro al mese all’imprenditore Gherardo Zaccagni, che gestiva i parcheggi fuori dallo stadio di San Siro. Una presunta estorsione da circa 60mila euro. E lo avrebbe fatto assieme all’ex capo della curva nerazzurra Andrea Beretta, a Giuseppe Caminiti, legato alla ‘ndrangheta, e in origine anche a Vittorio Boiocchi, lo storico leader della Nord ucciso nel 2022 su mandato di Beretta.
Le vicende contestate ora erano già emerse nel corso delle indagini condotte nell’inchiesta nota come “Doppia Curva”, ma sono state successivamente approfondite “attraverso le dichiarazioni delle persone offese, gli interrogatori resi dal collaboratore di giustizia Andrea Beretta e l’effettuazione di mirati approfondimenti di natura economica e finanziaria”, si legge nella nota del procuratore di Milano Marcello Viola. Le vicende estorsive riguardano in particolare “versamenti di denaro illecitamente pretesi dal gestore dei parcheggi dello Stadio Meazza al fine di garantirsi una sorta di ‘tranquillità ambientale’; al recupero di somme di denaro connesse a prestiti di natura usuraia ovvero finanziamenti per attività economiche; il tentativo di estromettere il Beretta dalla gestione della sua società di merchandising”. Il reato di usura contestato riguarda, invece, “prestiti elargiti, da più persone, tra i quali, secondo l’impostazione accusatoria, anche il defunto Bellocco Antonio, a un imprenditore comasco, dal quale sono stati pretesi interessi fino al 400% e nei confronti del quale, negli ultimi mesi, sono state rivolte reiterate minacce per indurlo a versare quanto pattuito. L’ultima ipotesi oggetto di contestazione, originariamente attribuita anche allo stesso Bellocco, riguarda l’utilizzo di una società per l’emissione di fatturazioni per operazioni inesistenti finalizzate all’evasione delle imposte sui redditi e Iva”.
Si parla anche di un “rapporto intercorrente tra gli esponenti di spicco del direttivo della curva Nord”, tra cui Antonio Bellocco, lo ‘ndranghetista ucciso lo scorso settembre dall’ex capo ultrà interista Andrea Beretta, “e la società interista”, nell’ordinanza cautelare. Dagli atti emerge, infatti, che Bellocco si sarebbe speso affinché il vicepresidente dell’Inter Javier Zanetti “fosse presente” ad un evento che interessava all’attività imprenditoriale di Davide Scarfone. Nelle indagini, come spiega il gip, sono emerse “concrete entrature” di Bellocco nella multinazionale QFort che produce infissi (estranea all’inchiesta), anche grazie al legame con Scarfone, amministratore unico di QFort Como srl, rappresentante legale di altre due società del gruppo e ora in carcere. Il nome di Scarfone saltò fuori nelle indagini per una collaborazione tra la società da lui amministrata e società riconducibili all’ex capo della Sud milanista Luca Lucci, arrestato nel maxi blitz di settembre, e ad una sua socia, Marianna Tedesco.
L’11 novembre del 2023, come risulta dalle intercettazioni, Bellocco avrebbe detto a Scarfone che all’evento “QFort” da lui organizzato avrebbe potuto partecipare anche Zanetti, grazie “all’opera di convincimento di Andrea Beretta”. Il 17 novembre, come risulta dagli atti, il numero due nerazzurro avrebbe “effettivamente” preso parte all’evento, su “espressa volontà di Bellocco” e per far fare una “bella figura” a Scarfone. Quest’ultimo si sarebbe anche vantato del fatto che Zanetti lo aveva elogiato “davanti a 400 persone”. E Bellocco, poi, diceva di aver anche ricevuto un messaggio da Zanetti alla fine dell’evento. Una vicenda che per il gip rappresenta un “significativo elemento di prova” dei rapporti tra esponenti del direttivo della Nord, come Bellocco, e l’Inter. Beretta, ora collaboratore di giustizia, in uno dei suoi tanti interrogatori ha confermato di aver “chiamato il Capitano”, ossia Zanetti, per la partecipazione a quell’evento. “C’era proprio un rapporto di amicizia con Javier”, ha messo a verbale Beretta. Scarfone, tra l’altro, per conto di Bellocco avrebbe pure minacciato un imprenditore comasco a cui il clan aveva prestato soldi a tassi usurari fino al 400%. Zanetti di recente è stato multato per 14.500 euro dalla Figc, che ha analizzato gli atti dell’inchiesta milanese sulle curve e, dunque, anche i rapporti tra la dirigenza del club e alcuni ultrà poi arrestati.
Bellocco avrebbe prestato soldi, quasi 400mila euro in totale, a tassi usurari fino al 400% a un imprenditore comasco, titolare di una società che si occupa di programmazione e trasmissioni televisive. “Quando pensi di rientrare? I soldi di Antonio erano i miei”, sono alcune delle minacce all’imprenditore riportate nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano Domenico Santoro.
Antonio Bellocco, come ricostruito nell’inchiesta, sarebbe arrivato a Milano grazie a Marco Ferdico, anche lui nel direttivo della Nord interista e in carcere da settembre, che gli avrebbe procurato “alloggio e occupazione lavorativa fittizia”. Bellocco avrebbe, poi, girato i soldi incassati dalle varie attività illecite al clan e sarebbero serviti anche per il “mantenimento” dei detenuti della cosca. Tra gli indagati anche il fratello, Berto Bellocco che, assieme a Sità, avrebbe tentato di costringere Beretta a “cedere ad esponenti della famiglia Bellocco” l’attività della società “cn69 curva nord” attiva nel merchandising della curva.
Dagli atti emerge anche che Mauro Russo avrebbe pure “consigliato'” al gestore dei parcheggi attorno al Meazza, l’imprenditore Zaccagni, di “garantire” dei parcheggi gratis per gli ultras, così come “le società calcistiche garantivano loro i biglietti al fine di evitare problemi”. Negli atti anche le dichiarazioni di Zaccagni, che hanno tirato in ballo il consigliere regionale e comunale milanese Manfredi Palmeri (che ha scelto il processo immediato in un altro filone) per un’ipotesi di corruzione tra privati. “Ho fornito queste utilità a un politico perché lui facesse una sorta di endorsement nei miei confronti nei settori di sua competenza”, si legge nel verbale dell’imprenditore.
Fonte: SkyTG24